Il dolce del poeta: il parrozzo abruzzese
"Benedette D'Amiche e San Ciattè!/ O Ddie, quanne m'attacche a lu parròzze,/ ogne matine, pe' lu cannaròzze/ passa la sise de l'Abruzzo me".
Si dice che questi furono i versi di cui il D'Annunzio fece dono al pasticcere Luigi D'Amico di Pescara come ringraziamento per un dolce omaggio recapitatogli qualche tempo prima al Vittoriale: un tortino semisferico dall'aspetto rozzo ma da un cuore gentile, destinato a ricordare al poeta i bei tempi della sua giovinezza in terra d'Abruzzo.
Correva l'anno 1926 ed il D'Amico, per l'ideazione di questa nuova specialità nata per omaggiare il Vate, aveva tratto ispirazione dal pane rozzo dei contadini abruzzesi, fatto di granoturco e cotto a legna in forme rotondeggianti: nella sua versione dolce, tuttavia, il giallo dell'impasto era dovuto all'abbondante presenza di uova, la scorza scura ad una finissima copertura in cioccolato.
Il poeta, nonostante la diffusa credenza popolare, non fu l'ideatore del nome di questo dolce, oggi tradizionale: la definizione che ne diede nei famosi versi, infatti, fu una semplice crasi delle parole con cui lo stesso pasticcere gliel'aveva presentato, un "pane rozzo", appunto.
Eppure, nomen omen, molto probabilmente il dolce parrozzo abruzzese deve a questo suo nome scaturito dai versi di una poesia, ancora oggi, molta della sua fortuna...oltre che, ovviamente, alla sua indiscussa bontà.
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Confesso che, nonostante le innumerevoli estati che da ragazzina ho trascorso in terra d'Abruzzo, non ho mai avuto modo di assaggiare questo dolce prima di prepararlo io stessa.
Non che non avessi voluto... o non ci avessi provato: il parrozzo è un dolce molto pubblicizzato, quasi un simbolo della regione, anche se la sua diffusione è massima soprattutto sulla costa, nell'area del pescarese. Il fatto è che il parrozzo, buono tutto l'anno, è però considerato soprattutto un dolce natalizio...impossibile trovarlo in pasticceria a luglio od agosto!
Nel corso di un weekend che di recente ho trascorso ad Avezzano, in un pomeriggio di chiacchiere e peccati di gola, una gentile signora abruzzese, arrivate non ricordo come all'argomento parrozzo, mi fa : "te lo dico io come si prepara il parrozzo, prova, è facilissimo, a Natale lo faccio sempre in casa, comprarlo è molto più costoso...la mia ricetta poi è quella di un pasticcere pescarese!" (..il D'Amico??).
E' un attimo, prima che io dica sì (ce n'era bisogno?) la signora va verso la credenza e tira fuori da un cassetto un'agenda mooolto vecchia (la data sulla copertina è quella del mio anno di nascita!), le pagine ingiallite tutte manoscritte: sono le ricette di famiglia, un vero e proprio patrimonio da custodire gelosamente...tra quelle pagine, la preziosa ricetta del parrozzo.
La ripropongo più o meno fedelmente, essendo questo il mio primo parrozzo non ho apportato grandi cambiamenti...il risultato?
Ottimo direi, il gusto e la consistenza di questo dolce mi hanno subito conquistata: l'ho trovato più buono il giorno dopo, tra l'altro, quando i profumi ed i sapori raggiungono una più perfetta armonia.
A Natale, senza dubbio, il bis!
PARROZZO ABRUZZESE
150 gr. semolino
200 gr. zucchero
150 gr. mandorle dolci
4 o 5 mandorle amare
6 uova
150 gr. di cioccolato da copertura
un pizzico di sale
scorza di limone e vanillina per aromatizzare
burro e farina per la teglia
Ho tritato finemente le mandorle, rigorosamente spellate, fino a ridurle quasi in farina. Successivamente, ho separato i tuorli dagli albumi: ho montato i primi a spuma con lo zucchero.
Ho aggiunto ai tuorli montati la scorza di limone, la vanillina, il semolino e le mandorle tritate, questi ultimi un pò per volta, a cucchiaiate.
Ho montato poi a neve ferma gli albumi, con l'aggiunta di un pizzico di sale: gli albumi ed il contenitore per la montata, com'è d'obbligo, erano ben freddi di frigo.
Infine, ho aggiunto gli albumi montati all'impasto, delicatamente, mescolando dal basso verso l'alto: per facilitare quest'operazione, poiché l'impasto di mandorle, semolino e uova risulta piuttosto consistente prima dell'inserimento degli albumi, ho dapprima ammorbidito l'impasto stesso con un paio di cucchiaiate di albume montato, amalgamate con meno attenzione. Il resto degli albumi, però, va rigorosamente inserito con la solita tecnica, perché il dolce è privo di lievito e deve la sua sofficità unicamente alla presenza dell'aria inglobata nell'albume durante la montatura.
Ho messo l'impasto in uno stampo d'alluminio per zuccotto, imburrato ed infarinato, ed ho infornato a 150° per circa un'ora.
Ho capovolto il dolce dopo averlo sformato su una gratella per dolci, aspettando che raffreddasse. Infine, ho colato sopra il cioccolato da copertura fuso a bagno maria e guarnito con qualche mandorla messa da parte per la decorazione.
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